lunedì 18 settembre 2023

Incontro con la Dea


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Quando le porte dell’ascensore si aprirono e me la ritrovai al mio fianco, capii che la mia vita sarebbe stata miserabile da quel momento in poi. Era proprio lei, la stessa ragazza che avevo visto per la prima volta una settimana prima, quando ancora non avevo idea del casino in cui stavo per mettermi. La vidi mentre camminava con delle amiche nel cortile di fronte al mio edificio, in pieno centro, elargendo sorrisi e risate contagiose, e a me parve subito bellissima, sensuale e vivace. La vidi fermarsi a comprare qualcosa in un negozio all’angolo e continuai ad osservarla dall’altro lato del cortile. Non sapevo ancora cosa mi sarebbe successo di lì a poco.

Non so se il mio problema più grande sia la mia mandibola asimmetrica o il naso un po’ storto, o qualcos’altro che si vede ma non è perfetto. Forse, al contrario, c’è qualcosa nel mio aspetto che non si vede, ma che dovrebbe esserci, non saprei. Ad ogni modo, mi sembra che la maggior parte delle donne abbia maggiore interesse per tipi più muscolosi di me, col naso dritto, sicuramente più benestanti e magari meno intelligenti e sensibili di me. Per questo motivo l’ho guardata da lontano, cercando di non farmi notare. Ero ammaliato dalla sua pelle dorata, dai suoi fianchi larghi di mulatta e dalle gambe muscolose, dalla vita impeccabilmente stretta e da quei seni naturali di dimensioni perfette. Il suo volto era delicato ma elegante, con dei tratti orientali che contrastavano con quel sorriso sonoro e quello sguardo birichino.

L’ho guardata da lontano perché non sono neanche un dongiovanni, come lo è invece il mio amico Gonzalo, che è capace di fare complimenti a qualunque bella donna che incontra, ed ognuna di esse, inevitabilmente, si sente compiaciuta e ricambia le attenzioni. Se il complimento lo faccio io, invece, la bella di turno mi lancia un’occhiata di disprezzo che significa “stai al posto tuo”, nel caso in cui si degna di guardarmi. Se lo rivolgo ad un’amica, il rifiuto diventa ancora più doloroso, perché vuol dire “grazie, amico mio, ma puoi scordartelo”. Quella parola ripetuta nella frase stessa del rifiuto, “amico”, significa proprio questo: “ti voglio bene, un mondo di bene, ma con te non ci penso proprio”. Lizmary, Isabel, Ana Isabel, Ana Maria erano tutte amiche e nessuna di loro si è lasciata avvicinare. Tutte hanno pronunciato, ad un certo punto, quella parola nefasta. Per questo motivo ho capito che non posso cominciare una conversazione con una donna facendole un complimento. Devo per forza cominciare con una domanda, però quale? Non so mai da dove cominciare. Sono sempre stato un tipo convenzionale, che rispetta le norme e si adatta alle situazioni per non dare fastidio a nessuno. Faccio di tutto per passare inosservato. Se sono ad una festa, ho il terrore di dire qualcosa di stupido e faccio finta di capire tutto quello che mi viene detto, anche se in realtà non lo capisco ma so che probabilmente non è nulla di interessante, proprio come i miei discorsi. Non arrivo mai tardi ad un appuntamento per non dovermi scusare, perché le mie scuse possono assumere un tono terribilmente imbarazzante. Non sopporto che mi prendano in giro e perciò evito qualunque discussione. Mi unisco al gregge e rimango in silenzio. Sono codardo a tal punto che provo timore perfino quando vedo un personaggio di un film che fa qualcosa di illecito e rischia di essere scoperto. Per me possono funzionare solo gli amori sicuri, se esistessero. Per questo motivo quando la vidi per la prima volta mi sentii perso, perché mi resi

conto che le emozioni che stavo provando mi avrebbero condotto alla perdizione, perché non avrei accettato che andasse tutto come era sempre andato con i miei amori precedenti.

Pensavo proprio a questo quando la vidi apparire dinanzi a me nell’ascensore, e mi sembrò quasi di non poter respirare, proprio come mi accade quando sono al cospetto di una donna che mi attrae. Non so se sono uno stupido, un pervertito o se ci sia qualcos’altro che non quadra in me, ma sono fatto così. Il cuore comincia a battere più forte, uno strano calore mi invade il petto, mi si annebbia la mente ed inevitabilmente sento il corpo prepararsi per un attacco che purtroppo, non avverrà. In quei momenti non mi rendo neanche conto di ciò che dico, se dico qualcosa e non so nemmeno a cosa penso, se penso a qualcosa. Finisco sempre per perdere tempo ed energie, ma stavolta mi sforzai per agire diversamente. E così, quando la vidi apparire nell’ascensore, riuscii a dire qualcosa.

-A che piano vai? – fu la mia eroica domanda.

-Vado al quinto piano. Mi sono appena trasferita.

Lo so che Gonzalo avrebbe sicuramente detto qualcosa di meglio, di più virile, ma a me sembrò già di aver compiuto un’impresa degna di nota. Posò lo sguardo su di me e mi sembrò di vedere nei suoi occhi un misto di tenerezza, amore e desiderio. L’ ascensore arrivò al quarto piano e la porta si aprì.

-Arrivederci – le dissi, mentre uscivo.

-Arrivederci – mi rispose.

Avevo osato parlare alla donna più bella del mondo e ci ero riuscito. Alla più divina, quella dallo sguardo birichino. Le sue parole riecheggiavano nella mia mente … mi sono appena trasferita al quinto piano … Quella scena continuava a ripetersi senza sosta nella mia testa, mentre cercavo le chiavi di casa, mentre aprivo la porta, mentre entravo, e andò avanti così per tutta la notte.

Al quinto piano … mi sono appena trasferita … Quello sguardo intenso che mi aveva rivolto mi aveva sconvolto. Non era il modo in cui si guarda un amico, ne ero certo. C’era del fuoco, in quegli occhi. E se fosse stato tutto frutto della mia immaginazione? Non poteva essere. Nessuno ti guarda a quel modo senza motivo. E poi, perché dirmi che si era appena trasferita, indicando perfino a quale piano? Vuole forse che vada a visitarla? Che vada a chiederle un po’ di zucchero? Che magari passi di lì casualmente e le vada a fare un saluto? Ciao, vivo al piano di sotto, appartamento 42, ai suoi ordini.

“Eh già – pensavo – adesso vado su, le suono al campanello e le dico proprio così: ciao, vivo al piano di sotto, ai suoi ordini”.

E a quel punto di solito cominciano i guai perché invece di ragionare sul da farsi, comincio sempre ad immaginarmi quello che vorrei che accadesse, proprio così, mi trastullo in fantasie dove la mia futura amante mi invita ad entrare, mi chiede se voglio bere qualcosa e poi comincia a spogliarsi ammiccando. Porca miseria, sempre la stessa storia: comincio a fantasticare su cose che non

succedono mai invece di sforzarmi per architettare un piano che possa funzionare. Cercai di farmi coraggio:

“Il vero problema non è questa mandibola asimmetrica o il naso un po’ storto, ma questo mio modo di fare così gentile, rispettoso, delicato. Le donne vogliono un uomo determinato, virile mentre io non lo sono affatto ed è per questo motivo che mi respingono, soprattutto quelle belle che possono scegliere con chi accoppiarsi e di certo non vogliono uno come me, timido, balbuziente e quant’altro. Non avrebbe senso ai fini biologici. Adesso vado sù e le dico che sono ai suoi ordini, senza tanti giri di parole, come un vero macho.”

Mi infilai un paio di pantaloni stirati, una camicia che mi piaceva, misi un po’ di acqua di colonia ma senza esagerare e afferrai le chiavi di casa e il portafoglio. Aprii la porta di casa con energia e prima di uscire mi guardai allo specchio:

“A partire da questo momento, sono un’altra persona: dura, determinata, forte, sicura di sé, virile. Se non cambio atteggiamento rimarrò celibe per sempre. Se non ci dò dentro adesso, non ci darò dentro mai più”.

Chiusi la porta alle mie spalle e guardai le scale in fondo al corridoio che portavano al piano superiore. Mi sentivo pieno di forza e fiducia e con passo sicuro cominciai a camminare verso le scale. Salito il primo gradino, sentii un dolore al petto e una stretta allo stomaco.

“Porca miseria, ma come mi viene in mente di andare a casa della mia dea come se niente fosse, tanto per fare qualcosa. Ci andrei ma non in questo stato, con le palpitazioni e la camicia bagnata di sudore. Meglio tornare a casa e scaricare tutta quest’adrenalina come faccio sempre, sotto la doccia. Almeno mi faccio passare quest’ansia che mi è venuta”.

Tornai a casa ed entrai subito in bagno a fare una doccia e a scaricare quell’eccesso di energia. Cercai di guardare un po’ di televisione ma non riuscivo a rilassarmi.

“Sei uno stupido, un coglione, un segaiolo. Hai 25 anni e non sei mai stato con una donna. Incredibile. E andrai avanti così. Sarebbe meglio se mi buttassi dalla finestra o sotto a un treno e mi ammazzassi. Ma non scherziamo. Sarebbe meglio se andassi a casa della dea, adesso”.

Di nuovo feci quello che avevo fatto poco prima: mi rimisi addosso la camicia e i pantaloni, un po’ di acqua di colonia e afferrai le chiavi di casa e il portafoglio. Camminai verso le scale e salii al quinto piano.

“Adesso devo suonare il campanello. Provo con questo, se non è quello giusto allora provo con quest’altro e così via, finchè non la trovo”

Ma in quel momento cominciai di nuovo a sudare e ad avere la tachicardia, come c’era da aspettarsi. Tornai indietro verso le scale e decisi di aspettare lì. Chissà che la dea non aprisse la porta e mi facilitasse le cose. E all’improvviso qualcosa accadde. Cominciai a sentire un rumore di chiavi che entravano nella serratura. Scesi qualche scalino e mi accucciai in modo da poter

osservare il corridoio senza essere visto. Qualora fosse apparsa la dea avrei fatto finta di essere lì per caso.

“Sarebbe perfetto. La dea esce di casa ed io le appaio davanti all’improvviso sulle scale, facendo finta che sto facendo qualcos’altro ma che sono piacevolmente sorpreso di vederla e le dico: oh ma guarda che casualità, ci si incontra di nuovo, comunque vivo al piano di sotto e sono ai tuoi ordini. Se hai bisogno di qualcosa, basta chiedere. Porca miseria, ho di nuovo le palpitazioni. Oddio, sto per avere un infarto. Adesso muoio e senza neanche aver scopato una sola volta in vita mia”.

La porta si aprì e si richiuse subito dopo. Le palpitazioni aumentarono di nuovo ma ero troppo giovane per avere un infarto e riuscii a sporgermi leggermente e a guardare sul pianerottolo. Non era lei. Decisi di aspettare ancora un po’ e mi sedetti su un gradino. Aspettai quasi un’ora e all’improvviso sentii il rumore inconfondibile dell’ascensore che si fermava al quinto piano.

“Magari stavolta è lei. Forse era uscita a comprare qualcosa e adesso sta tornando a casa. Posso fare finta che stavo salendo le scale, le vado incontro e la saluto di nuovo, e magari lei mi invita ad entrare a casa sua, dopodichè è fatta”.

Sentii il cuore battere più veloce e una vampata di calore accendersi nel petto. L’ascensore si aprì ma non era lei. Decisi di rimanere ad aspettare ancora per un po’.

“Prima o poi la rivedrò. Tutti i grandi amori non nascono al primo tentativo, hanno una storia alle spalle, forse il nostro inizio deve essere così”.

Continuavo a pensare ma soprattutto a fantasticare, e questo è proprio quello che faccio sempre, perchè i miei sogni ad occhi aperti sostituiscono la realtà e mi aiutano a sentirmi meno frustrato, togliendomi la responsabilità di affrontarla, anche solo temporaneamente.

“Però le cose non possono andare avanti così. Ho già 25 anni e non ho mai toccato neanche una donna ed è vero che posso sempre ricorrere alle mie fantasie , ma voglio una donna in carne ed ossa, che mi voglia bene davvero, con la quale possa fare di tutto, ma soprattutto che mi chieda di farle di tutto”.

Quando mi svegliai il giorno seguente, decisi che i miei appostamenti dovevano essere ben organizzati. Comprai qualcosa da mangiare, del latte a lunga conservazione, qualche bottiglia d’acqua e nascosi tutto sotto la rampa delle scale. In questo modo non avrei avuto bisogno di andare e venire da casa per mangiare o bere, ma soprattutto non avrei perso nessuna occasione per rivedere la mia dea. Decisi di non preoccuparmi degli altri condomini ma di cercare in ogni caso di evitare che mi vedessero accampato sulle scale con tutte quelle buste.

“Non sia mai che proprio mentre uno di loro mi vede e comincia a farmi qualche domanda, appare lei e mi sfugge un’altra occasione per parlarle”.

Passarono le ore ma non accadde nulla. Continuavo ad avere vampate di calore nel petto e la tachicardia ogni qualvolta sentivo un rumore di passi o l’ascensore che veniva attivato, ma della dea ancora nessuna traccia.

“Così sono fatte le dee - mi dicevo - se mi allontanassi un minuto per andare in bagno apparirebbe in quell’istante”.

In quel momento pensai che andare in bagno era effettivamente rischioso e decisi che non potevo permettermi di allontanarmi neanche per un minuto. Guardai le bottiglie di acqua che avevo comprato per bere e decisi che avrei fatto lì i miei bisogni. Erano cinque bottiglie da un litro e questo sarebbe stato sufficiente per l’intera giornata.

Lunedì mattina chiamai in ufficio e dissi che mi era venuta un’infezione e il medico mi aveva detto di stare a riposo per una settimana. Mi dissero che andava bene senza farmi ulteriori domande, allora usai la stessa scusa la settimana successiva. Finalmente domenica accadde qualcosa. Stavo rientrando dal negozio dopo aver comprato un po’ di pane, prosciutto e formaggio che erano ormai le uniche cose che mangiavo per evitare di perdere tempo a cucinare dentro casa. In quel momento la vidi entrare dal portone e camminare verso l’ascensore, dondolando i fianchi con grande disinvoltura. Guardava da un lato all’altro senza fissare lo sguardo su nulla in particolare.

“Due settimane di appostamenti sulle scale e mi appare davanti agli occhi quando meno me lo sarei aspettato – pensai - Meglio così”.

Mi fermai davanti all’ascensore e feci finta di cercare qualcosa nella borsa, per darle il tempo di arrivare accanto a me. Quando giunse, non riuscii a dire nulla. Appena arrivò l’ascensore e le porte si aprirono, la dea entrò ed io la seguii da dietro. Mi feci coraggio e velocemente le dissi:

-Quinto piano, giusto?

-Sì, è giusto! Come lo sai?- mi rispose.

-Ci siamo parlati un paio di settimane fa. Mi hai detto che ti sei appena trasferita …

- Ah sì, è vero … Scusami ma sono stata via in queste ultime due settimane. Che meraviglia!

-Che meraviglia cosa? – le chiesi.

-La mia luna di miele – mi disse.

Mi parve davvero ingiusto. Lei mi guardò e senza parlare disse:

“Non ci posso fare niente: così è scritto”.

A me questi finali misteriosi non piacciono per niente, però feci finta di nulla e la dea mi spiegò:

“Tutto quello che abbiamo fatto finora l’ha scritto Fabrizio nei suoi racconti e non ci possiamo fare niente. Purtroppo gli manca qualche rotella in testa e ha deciso che questa storia deve finire così”.

Uscimmo dall’ascensore e la dea entrò in casa. Rimasi sul pianerottolo davanti la sua porta a pensare a quello che mi aveva detto. Se era vero, allora non potevo fare altro che rimanere lì ad aspettare e vedere se la storia avrebbe avuto un altro finale. Il tale Fabrizio poteva anche avere qualche rotella fuori posto, ma forse si sarebbe impietosito e mi avrebbe accontentato.

Aspettai a lungo ma la porta non si aprì. Pensai di suonare il campanello e dire alla dea di fuggire via insieme da questa storia prima che anche lei potesse sparire per sempre, ma una forza superiore me lo impedì.









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