Mi sono reso conto della gravità della situazione quando ho provato ad infilarmi i vestiti addosso e non ci sono riuscito. Avevo usato gli stessi pantaloni il giorno prima, ma non mi entravano più. Sono stato costretto ad indossare la camicia più grande che ho senza neanche poterla abbottonare, e ho messo una corda infilata intorno ai passanti dei pantaloni per poterli tenere sù. Prima di arrivare in ufficio sono andato a comprarmi dei vestiti nuovi, ma non è servito ad evitare che i miei colleghi facessero le solite battute sciocche che si fanno in questi casi, per sottolineare ulteriormente l’entità del problema. Ho mantenuto la calma e mi sono ripromesso di trovare una soluzione al più presto.
Sono tornato a casa dopo aver lavorato e mi sono messo a ragionare. Mi sono ricordato di un testo di psicologia evolutiva che avevo studiato quando frequentavo l’università, in particolare un passaggio dove si descriveva il processo d’invecchiamento degli esseri umani e la capacità di accettarlo in base al proprio livello personale di successo, ma non mi è venuto in mente nulla che potesse spiegare il motivo per cui un corpo possa cambiare così rapidamente da un momento all’altro. A quel punto ho deciso di non preoccuparmi troppo e ho cercato di convincermi che il problema si può risolvere con un po’ di dieta e palestra.
Il giorno dopo la mia pancia e’ diventata ancora più grossa. Mi sono alzato e mi sono reso conto che e’ diventata così grande da coprire la vista dei miei piedi, così mi sono deciso a chiamare il medico.
-Mi dica – mi ha detto al telefono.
-Ho un problema allo stomaco.
- Le fa male?- mi ha chiesto. Gli ho spiegato che la pancia mi era cresciuta tantissimo e molto velocemente in maniera del tutto inspiegabile.
-Venga la settimana prossima.
In quel momento i bottoni della camicia che avevo comprato il giorno prima e che avevo abbottonato a fatica si sono staccati e sono andati a sbattere contro il muro di fronte a me. Ho visto che sulla pancia si stava aprendo una fessura da cui sono fuoriusciti dei denti, mentre intorno si sono formate delle labbra carnose.
-Dottore, credo che sto impazzendo – ho detto – vedo una bocca sulla pancia.
-Venga domattina alle dieci – mi ha risposto immediatamente.
Ho cercato di mantenere la calma e mi sono seduto sul divano a pensare, ma non è stato facile perché per la prima volta in vita mia ho creduto di impazzire. Ho guardato di nuovo quel pancione dall’alto e quella specie di bocca che si e’ formata e mi è sembrato assurdo di essere in grado di osservare razionalmente quella trasformazione, che non può essere nient’altro che un qualche tipo di allucinazione.
-Questa è solo una situazione temporanea – ho pensato, guardandomi intorno – non è cambiato assolutamente nulla: ogni cosa è al suo posto, posso ragionare, parlare col dottore al telefono e spiegargli cosa sta succedendo. Devo aver mangiato qualcosa che mi ha fatto male, forse dovrei chiamare un’ambulanza?
Ho pensato che fosse meglio di no, perché se mi ricoverano, chissà quando potrò uscire di nuovo. Ho deciso che mi sarebbe convenuto andare a comprare dei vestiti nuovi prima di rimanere senza nulla da mettere addosso e sicuramente stare in mezzo alla gente mi avrebbe aiutato a ritrovare la ragione, così mi sono vestito come ho potuto e sono uscito. Mi sono incamminato verso la via principale di Chacao, nel centro di Caracas, in cerca di un negozio di vestiti, quando all’improvviso ho sentito una voce che mi chiama per nome. Mi sono girato per vedere chi mi stesse chiamando ma non ho visto nessuno. Pochi secondi dopo, quella stessa voce rauca mi chiama di nuovo, ma ancora una volta non vedo nessuno. Finalmente mi rendo conto che è la mia pancia a parlare:
-Ce l’ho con te, stupido.
-Porca miseria, ci mancava solo questo – ho pensato - Allora sono davvero diventato pazzo.
Il mio pancione continuava a chiamarmi, ma io ho deciso di non dargli retta perché mi sembrava la cosa più razionale da fare in una situazione come quella.
-E’ meglio se mi ascolti, altrimenti ne pagherai le conseguenze – mi ha detto.
Come al solito, ho cercato di mantenere la calma e di capire cosa avesse potuto scatenare quelle allucinazioni, e ho pensato che questo è proprio quello che succede alle persone che soffrono di schizofrenia. Però ero certo che le persone che mi passavano accanto potevano notare quel pancione e quella bocca che parlava, e le vedevo soffermarsi su di me con lo sguardo e ridere. A questo punto è cominciata la parte peggiore.
Sono entrato nel negozio di vestiti e appena ho visto la negoziante sono corso verso di lei. Il pancione si è accorto della sua presenza e si è messo a parlare:
-Questo signore vuole comprare una camicia nuova per potermi tappare gli occhi. Ha cercato di privarmi del mio diritto di espressione durante tutto il tragitto. Voglio affermare il mio diritto alla libertà e anche quello di poter vedere, quindi per favore, sia gentile e non gli dia nessuna camicia. Non potete negarmi il diritto di vedere il mondo.
Ho cercato, come al solito, di mantenere la calma mentre riflettevo su quelle parole. Il suo discorso era talmente ben formulato che doveva per forza trattarsi di una pancia intelligente, ma
dato che l’unico ad avere un cervello sono io, mi sono convinto che quel discorso non poteva essere reale, ma solamente un prodotto della mia immaginazione. Avevo tra le mani un’ulteriore prova della mia pazzia. Ma proprio mentre mi convincevo dell’irrealtà di quella situazione, la negoziante mi guarda e dice:
-Mi scusi, non vorrei offenderla, ma il suo senso dell’umore è davvero strano.
Con la sua voce roca e sarcastica, la pancia ha risposto:
-Guardi che non è mica lui a parlare.
Quando si è accorta che quella voce proveniva dal basso, la povera donna ha mostrato sul volto un’espressione di grande sorpresa, non inferiore alla mia, perché ho cominciato a rendermi conto che non poteva trattarsi di un’allucinazione se anche lei poteva sentirla. Quella pancia aveva una propria vita e una sua coscienza ed io non avevo nessun controllo su di lei. Ho deciso che era meglio far finta di nulla e rinunciare a voler capire cosa stesse succedendo, e nella maniera più naturale possibile mi sono rivolto alla negoziante:
-Signorina, non faccia caso alla mia pancia. Purtroppo soffro di una malattia rarissima e la mia pancia è impazzita. Per favore, mi faccia vedere delle camicie di colore nero taglia XL che possano coprire interamente questo pancione.
Ma la pancia ha urlato all’improvviso:
-Nere, no!
L’impiegata, come se fosse la cosa più naturale del mondo, le ha risposto:
-Faccio solo quello che dice la bocca in alto.
Nonostante la fretta di comprare quelle camicie e la situazione surreale in cui mi trovavo, sono riuscito a formulare un ragionamento basato sulla logica di Descartes, il quale mi sembrava inconfutabile: come faceva quella donna a sapere dell’esistenza di due bocche sul mio corpo? Avevo sentito chiaramente le sue parole: solo quello che dice la bocca in alto. Ero certo di non averle detto nulla a riguardo di quella bocca sulla mia pancia, o forse non me ne ero reso conto. Forse quell’entità che si era impossessata del mio corpo era reale, perché se io sono l’unico in controllo del mio cervello, come può scaturire da esso una pazzia più intelligente di me? Quella pancia e’ in grado di prendermi in giro e farsi beffe di me, quindi e’ in grado di pensare; se e’ in grado di pensare, significa che esiste. Poi però ho pensato:
-Porca miseria, e se mi sbagliassi? L’impiegata ha solo detto la bocca in alto, non vuol dire nulla. Chissà che quella voce in basso non sia la mia, ed io la sto proiettando verso l’esterno in una maniera che non riesco a capire.
Mi sono precipitato fuori dal negozio e ho cominciato a camminare lungo la Avenida Francisco de Miranda, nel pieno centro della città, mentre continuavo a meditare sulla possibilità dell’esistenza
o meno di una pancia intelligente e indipendente dal resto del corpo. Nello stesso tempo, da quella bocca mostruosa continuavano a uscire frasi insolenti ed accusatorie contro di me:
-Sei un prepotente, un sadico! Come ti viene in mente di comprare delle camicie nere?
Alcuni passanti mi guardavano e si mettevano a ridere, altri acceleravano il passo cercando di evitarmi. Gli unici incuriositi da quella situazione erano i bambini, che puntavano il dito contro di me cercando di farmi notare dalle loro madri. Ho cercato di evitare lo sguardo altrui, ma quel pancione non la smetteva di parlare. All’improvviso ho visto una pallina da tennis per terra e mi è venuta un’idea. Per la prima volta da quando era apparsa quella bocca sulla mia pancia, mi sono rivolto a lei:
-Adesso ti sistemo io – le ho detto.
Ho afferrato la pallina da tennis e ho sollevato la camicia, ma la pancia mi ha risposto:
-Se mi infili quella pallina in bocca, ti distruggo il fegato a morsi.
-Porca miseria- ho pensato – meglio non rischiare.
Dopo una lunga negoziazione, ci siamo messi d’accordo per una tregua e abbiamo fatto un patto di non aggressione. Siamo giunti alla Plaza Altamira e lì ho deciso di sedermi e provare a ragionare con quel pancione. Mentre il resto del paese era in sospeso ad osservare le proteste dei militari contro Chavez, io ero alle prese con quella pancia parlante. Non potevo credere che, oltre ad essere intelligente, potesse avere il mio stesso livello di esperienza politica, così ho deciso di provare a trasformare quel patto di non aggressione in un programma di coesistenza pacifica.
-Ve bene – le ho detto – spiegami cosa vuoi da me.
Senza esitare, mi ha risposto:
-Mi interessa il potere. Voglio avere il potere di decidere. Fino ad ora sei stato l’unico a dominare questo corpo, ma in realtà non ti appartiene. E’ grazie a me che questo corpo sopravvive, sono io che lo alimento e che processo tutto il cibo che mandi giù.
Mi sono fatto forza e gli ho risposto:
-Smettila con queste idiozie rivoluzionarie! Come posso cederti il mio potere decisionale? Come farò a fare tutte le cose che devo fare, ad esempio andare a lavoro o studiare? Non è così semplice.
Le pance, lo sanno tutti, sono molto testarde e la mia non fa eccezione.
-Tu non fai niente per questo corpo, facciamo tutto noi, i tuoi organi. Io li rappresento tutti, e abbiamo deciso all’unanimità che sei superfluo, quindi ti elimineremo.
-Ma il mio corpo non può sollevarsi contro di me! Chi sono io? Non conto più nulla? – ho chiesto disperato.
-Nulla. Non esisti. Sei un prodotto della società inutile e irrilevante, come la maggior parte dei tuoi simili. Perciò noi pance ci siamo unite e abbiamo deciso di instaurare la dittatura del “panciariato” che porterà ad una forma di democrazia superiore.
La nostra conversazione andò avanti a lungo e la gente che camminava nella Plaza Altamira cominciò a depositare delle monete ai miei piedi. Credevano che avessi montato uno show politico mentre parlavo con la mia pancia, ed erano ben disposti a pagarmi per continuare ad esibirmi. Ogni volta che la pancia ribadiva i diritti del panciariato, ridevano tutti. Quando la nostra discussione terminò, mi accorsi che avevo accumulato moltissimi soldi e pensai che avrei potuto guadagnarmi da vivere in quel modo. In fondo, come avrei potuto tornare a lavorare in ufficio con quel pancione parlante? Sarebbe stato uno scandalo. E così, con quell’idea in testa, me ne tornai tranquillamente a casa.
La mattina seguente fui svegliato dalla voce rabbiosa della pancia che protestava. Si lamentava perché si stava annoiando, niente di meno. Guardai l’orologio e vidi che avevo ancora sufficiente tempo per fare colazione prima del mio appuntamento col dottore, ed andai in cucina. All’improvviso, mentre preparavo qualcosa da mangiare, vedo che dalla pancia fuoriescono un paio di mani, e poi due piedi. In preda al panico, ho chiamato il dottore e gli ho spiegato cosa stesse succedendo.
-Non si preoccupi – mi ha detto – succede spesso alla gente dopo i quarant’anni. Si tratta di una crisi di “demencia abdominalis”, ma appena la pancia smetterà di crescere la situazione si normalizzerà, anzi si acquista un forte senso pratico dinanzi alle difficoltà dell’invecchiamento. Purtroppo la scienza non ha ancora scoperto le cause di questo fenomeno.
Sbalordito da quella risposta, ho confermato che sarei andato all’appuntamento delle dieci. Ho riattaccato il telefono e in quel momento ho visto una spalla che fuoriusciva dal mio addome. Di lì a poco fui ingurgitato dal mio stesso corpo e sono diventato la pancia della mia pancia, che è diventata un corpo. Non so cosa faccia con questo corpo, perché non ho né occhi per vedere né bocca per protestare, ma non ho perso l’udito e ho sentito che il medico le diceva di non preoccuparsi, perché tutto tornerà presto alla normalità.
Ho deciso di organizzare una controrivoluzione e ho provato a parlare con i reni e i polmoni, ma non mi hanno preso sul serio. E’ intervenuto il fegato, e sapete cosa mi ha detto?
-Lascia perdere Fabrizio. I politici sono tutti uguali.
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