venerdì 1 settembre 2023

Due domande a Mamosta

 



Zaid era un utente del British Refugee Council, l’ufficio dove lavoravo. La prima volta che lo conobbi dovetti prendere i suoi dati personali nome, cognome e nazionalità per poterlo registrare nel nostro sistema. Quando gli chiesi se fosse musulmano, seguendo il formato della griglia che dovevo obbligatoriamente riempire, mi disse che ero un razzista. Immediatamente mi resi conto di essere di fronte a uno di quegli utenti ben testardi, anche se c’era qualcosa in quel suo atteggiamento aggressivo che mi piaceva, nonostante fosse rivolto contro di me. Ma questo era solo un caso. Gli mostrai la griglia che dovevo riempire, dove c’erano le caselle che indicavano le religioni più diffuse tra gli utenti del nostro servizio per i rifugiati.

-Ascolta – gli dissi – non è che io mi interessi di religione, ma qui c’è una casella che devo riempire con una X nel caso in cui tu sia musulmano – e gli misi davanti il foglio con la griglia, in modo che si rendesse conto che non c’era nulla di personale, ma che si trattava solamente della procedura.

Vorrei chiarire che io non potevo sapere quali tipi di ragionamento potesse fare, trattandosi di un iracheno, ovvero di una persona appartenente ad un’altra cultura; il suo nome era Zaid, vale a dire un uomo proveniente dal mondo islamico anche se era più ateo di Voltaire. Di fatto, tutti gli iracheni che conoscevo, che erano molti, erano musulmani, quindi non avevo la più pallida idea di cosa potesse passargli per la testa per pensare così, ma ero certo che si trattasse di qualcosa di molto interessante, anche se sbagliato. E per quanto fallace fosse il suo ragionamento, sicuramente quello non era il momento giusto per mettermi a discuterne con lui, quindi mi limitai a fornirgli la prova che mettesse alla luce i suoi pregiudizi. Mi sporsi in avanti in modo che potesse vedere bene il foglio. Anche lui si sporse in avanti, lo osservò con attenzione e fece un cenno con la testa come per dire: lo sapevo di avere ragione.

-Ci sono varie opzioni su questo foglio. Un’opzione è che io sia musulmano, un’altra che io sia ateo o agnostico. Perché fra tutte hai dato per scontato che fossi musulmano? – mi disse.

Ma guarda un po’ che furbo, pensai. Sicuramente penserà che sono uno di quelli che crede che sono tutti musulmani in Iraq, ed era ovvio che non era così. Forse i miei colleghi inglesi potevano sbagliarsi, dato che la maggior parte di loro non leggeva nulla, e nel tempo libero si dedicavano completamente alla famiglia, o ad ubriacarsi se erano da soli. Io invece avevo imparato qualcosa sul popolo kurdo in Venezuela e sapevo qualcosa sull’Iraq, anche senza conoscere alcun kurdo o iracheno, grazie alle pubblicazioni del centro Gumilla, a cui sarò sempre debitore per la mia formazione più che alla mia alma mater, e a vari studi effettuati da alcuni esponenti del MIR. Sapevo che c’erano degli ebrei in Iraq, anche se Saddam Hussein aveva cercato di sterminarli, e potevo immaginare che ci fossero molti atei dato che il movimento battista era di tipo secolare e aveva appoggio anche tra le fila dei non religiosi. E questo furbetto di Zaid crede che sono un ignorante qualunque, pensai, ma in ogni caso non sarei caduto nell’errore di dirgli che sapevo già che non erano tutti musulmani. Un pensiero ancora più interessante mi balzò alla mente: forse si tratta di un dissidente religioso che non è d’accordo con il sistema culturale del suo paese e sta cercando di affermare la sua identità ed io, come uno sciocco, solo per conformarmi a questi protocolli della burocrazia britannica, non ho avuto neanche la delicatezza di sincerarmi di come stanno davvero le cose. Se solo seguissi il mio istinto e le mie intuizioni, che funzionano meglio … Ma sapevo di non essere lì per dimostrare la mia solidarietà con le sue scelte politiche o religiose, ma solo per fare il mio lavoro, così decisi di ricorrere ad alcuni dati statistici. Gli dissi:

-La maggioranza degli iracheni sono musulmani. Tutti gli iracheni che sono venuti in questo ufficio lo sono, ma la cosa più importante è che io non ho nulla contro i musulmani.

Zaid faceva cenno di assentire con la testa e mi guardava con un’espressione soddisfatta come se con quelle parole gli stessi dando ragione. Mi sentivo un po’ a disagio.

-Quindi il fatto che io abbia pensato che tu fossi musulmano non ha niente a che fare con un mio pregiudizio nei tuoi confronti, dato che statisticamente sarebbe alquanto probabile che lo fossi, e per me non ci sarebbe nulla di male. Sto solo cercando di fare il mio lavoro.

-E tu, sei musulmano?-mi chiese.

-No, non lo sono. Ma che c’entra?

-C’entra. Sei credente? – aggiunse. Le sue domande cominciavano a darmi fastidio perchè il tempo che potevo dedicare ad ogni utente era limitato, e se c’era qualche problema da risolvere, dovevo farlo il più velocemente possibile, altrimenti avrei dovuto vedermela con i miei superiori, che giudicavano il mio operato solo in base alla durata dei miei interventi. Gli risposi:

-Non sono credente – ma immediatamente rincalzò:

-Quindi, se non sei credente, ritieni che tutte le religioni sono solo delle superstizioni ben congeniate. Non è così?

Cercai di rispondere con cautela, perché mi resi conto di avere dinanzi una persona complicata, furba, capace di ragionare ma molto testarda e con voglia di perdere tempo, ma io non ne avevo alcuna intenzione.

-Mi sono fatto una mia idea sulla religione, ma non giudico gli altri in base alle loro credenze ed ho conosciuto molte persone intelligenti che sono credenti, e molti stupidi che sono atei. Adesso però cambiamo discorso, perché se è del mio aiuto che hai bisogno non dobbiamo perdere … - ma non mi fece finire il mio discorso.

-Quindi la tua idea è che ci sono persone credenti che sono intelligenti nonostante siano credenti, e stupidi che sono stupidi nonostante siano atei.

A questo punto mi ero già innervosito abbastanza, ma mi sporsi in avanti per ascoltare meglio il suo ragionamento che non era del tutto sbagliato, ma certamente non era il momento giusto per discutere di questi temi. In realtà, aveva torto marcio e non avrebbe guadagnato nulla continuando ad insistere in quel modo.

-Insomma – continuò – le persone intelligenti sono influenzate dalla scienza e non danno molto peso alla religione, e tu hai dato per scontato che essendo del medio oriente io fossi stupido e credente.

-Ascolta, ti giuro che non ho pensato affatto che fossi uno stupido, ma solo che fossi musulmano, e ho sbagliato. Ho commesso un errore e me ne assumono la responsabilità, adesso però cerchiamo di andare avanti. Che avrei dovuto fare secondo te? Come avrei dovuto chiedertelo?

-Avresti dovuto chiedermi: sei credente?

-Va bene, ti chiedo scusa – dissi, e pensai che ero davvero dinanzi ad un furbo patentato. Cercai allora di ritrovare la concentrazione per portare a termine il questionario il più velocemente possibile. Il tempo correva veloce e i miei capi si sarebbero presto lamentati per quel mio ritardo. Di certo i miei colleghi inglesi gli avrebbero subito intimato di rispondere a quella domanda senza tanti giri di parole, mentre io non facevo altro che andargli dietro, cadendo nei suoi tranelli. Decisi di riprovare tutto da capo:

- Sei credente?- dissi, e senza aspettare che mi rispondesse feci una X nella casella corrispondente per indicare che non lo era. Finalmente potevamo mettere una pietra sopra questo piccolo incidente di percorso e andare avanti. Ma Zaid disse qualcosa:

-Si, sono musulmano.

Era fatto così, Zaid. Gli piaceva discutere e lo faceva abilmente, e non sapevi mai cosa aspettarti con lui. Era riuscito a prendersi il gioco di me per ben due volte , ma in un duello impari perché quelle griglie da riempire non erano una mia idea. Gli dissi che avrebbe dovuto approfittare del tempo che gli dedicavo, che non era infinito, e che la mia unica intenzione era quella di aiutarlo, ma lui continuava a guardarmi perplesso ed incuriosito, come in attesa di chissà quale altra fandonia da parte mia. Passammo alla domanda successiva, che riguardava le lingue parlate. Qui non potevo sbagliarmi: Zaid era iracheno ma riusciva ad esprimersi correttamente in un’altra lingua, e così gli domandai:

-Lingue parlate: arabo e inglese?

-Non parlo l’arabo. – mi disse. Non dire cazzate, pensai. Un iracheno che non parla arabo, com’è possibile? Mi sentivo confuso ma pensai che forse, in qualche villaggio del nord, nel Kurdistan per esempio, non si parlava l’arabo. Eppure, Zaid non sembrava un uomo cresciuto in qualche sperduto villaggio , ma una persona scolarizzata che parlava anche un buon inglese. Ero molto intrigato da questo personaggio che mi teneva in scacco, e memore del suo insegnamento, quasi con tono divertito, riformulai la domanda:

- Perdonami. Che lingue parli?

- Kurdo e inglese.

- Scusami, pensavo che parlassi arabo – dissi. Mi scusai per evitare di avere un altro incidente diplomatico con quest’uomo che si era rivelato così complicato e intelligente, ma allo stesso tempo mi rendevo conto che queste situazioni me le andavo anche a cercare, perché a differenza dei miei colleghi, non ero interessato all’esercizio del potere che il ruolo di funzionario pubblico mi conferiva. Certamente essi lo avrebbero liquidato alla svelta, indicandogli senza tante formalità dove potersi rivolgere per presentare un esposto, o lo avrebbero fatto uscire dall’ufficio senza perdere tanto tempo. Non era un caso che le mie sessioni fossero tanto lunghe, ma nonostante quelle riflessioni non riuscivo a rinunciare a quel mio stile così pregiudiziale. E così continuai:

-Scusami di nuovo. Credevo che in Iraq si insegnasse l’arabo nelle scuole.

- E’ vero, nelle scuole irachene si parla l’arabo.

-E tu non hai studiato in Iraq?- gli chiesi, pensando di svelare così quel mistero.

-Sì, ho studiato in Iraq, sia a scuola che all’università – Quella risposta mi intrigò, perché per la prima volta mi aveva detto più di quello che gli avevo chiesto. Non volevo ricominciare una discussione, ma non potevo fare a meno di chiarire quelle apparenti contraddizioni. E così domandai:

-E non vi insegnano in arabo?

-Si, sia a scuola che all’università – e non aggiunse altro, come se tutto fosse perfettamente logico.

- E a te non hanno insegnato in arabo? – non mi rimase che chiedergli.

- Si, ho studiato in arabo.

- E allora perché dici che non parli l’arabo? – chiesi, sempre più stupefatto.

- Perché non voglio – disse senza scomporsi.

Così era fatto Zaid.

 

 

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